La Chiusa di San Ruffillo ed il derivato canale di Savena (fig.1) rappresentano, insieme alla Chiusa di Casalecchio (fig.2) e al canale di Reno, le due principali infrastrutture per lo sfruttamento della energia idraulica, che consentirono alla città di Bologna di essere una fra le città più ricche dell’Europa del Medioevo.
Realizzata alla fine del XIII sec., si ha notizia di diversi restauri al manufatto nel 1306 e nel 1445. Nel Cinquecento, come risulta da un disegno di Pietro Fiorini (fig.3) la chiusa era formata da un largo muraglione a sezione rettangolare, senza scivolo a valle. Questo fu parzialmente realizzato successivamente, come mostra un disegno seicentesco di Andrea Pedevilla (fig.4).
Minata durante la Seconda Guerra Mondiale (fig.5), fu restaurata nel 1945-48 e dotata di uno scivolo con profilo curvilineo.
La chiusa, lunga poco più di 52 metri, ha un dislivello tra monte e valle di circa m 8. La lunghezza del canale, fino alla chiesa della Misericordia, è di 4392 metri, e in questo primo tratto alimentava diverse attività produttive, come la cartiera Panigada, attiva fino al 1958 e il mulino Parisio, attivo fino al 1976. Poco prima di entrare in centro, il canale alimentava il laghetto dei Giardini Margherita. Entrato in città da porta Castiglione, prosegue lungo via Rialto con il nome di canale Fiaccacollo, poi lungo via Guerrazzi, piazza Aldrovandi, via Petroni (dove prendeva il nome di fosso dei Pellacani) e lungo via delle Moline, dove mescola le sue acque al torrente Aposa.
È stata oggetto di una completa ristrutturazione da parte del Consorzio della Chiusa di San Ruffillo e del Canale di Savena nel 2017.
Il manufatto è stato valorizzato nel 2019 grazie ad un intervento di illuminazione artistica che al crepuscolo invade di luce blu lo sbarramento artificiale, donando una magica atmosfera alle notti di San Ruffillo (fig.6).
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